2017: invasione dei chatbot? Intervista a Giorgio Robino

Questo anno appena iniziato, si prospetta ricco di novità nel campo dell’AI, in particolare per lo sviluppo dei chatbot. Per avere uno scenario più chiaro su cosa sta accadendo e che cosa dovremmo aspettarci nei prossimi mesi,  abbiamo intervistato Giorgio Robino, conversational computing engineer e creatore, insieme a Giuditta Del Buono, di convcomp2016 primo evento italiano sulla “computazione conversazionale”. Oggi, dall’evento è nato un blog collaborativo su medium, per creare una community italiana intorno al tema dei chatbots, engines cognitivi ed applicazioni conversazionali di intelligenza artificiale.

  1. QUALI SONO, SECONDO TE, LE NOVITÀ PIÙ INTERESSANTI NEL SETTORE TECH? 

Indubbiamente la machine intelligence, settore dell’intelligenza artificiale dedicato in modo specifico alla “produzione” di sistemi artificiali di intelligenza pseudo-umana. A mio parere questo è un settore estremamente interessante della computer science.

Nell’ambito del software engineering invece, direi che la novità di rilievo è il crescente successo delle applicazioni conversazionali, volgarmente chiamate “chatbots”. Queste verosimilmente diventeranno pervasive a partire dal 2017, attraverso le attuali interfacce chat testuali su applicazioni mobile ( come Facebook Messenger, Telegram, forse Whatsapp, etc.) ed anche su dispositivi hardware ad interfaccia vocale dedicati per la casa; Amazon Echo ed Google Home stanno già riscuotendo successo in USA.

Rispetto all’uso di interfacce conversazionali in ambito consumer, oltre alle applicazioni smarthome ed IoT, è l’automotive il settore in fermento: ci sono già prototipi di automobile dotati di comandi ad interfaccia vocale. I chatbots embedded nei dispositivi hardware di navigazione GPS per automobile sono un mercato molto interessante. Tra non molto avremo anche chatbots multimediali per esempio in ambito smarthome: TV interattive con interfaccia vocale si diffonderanno sempre di più nelle nostre case.

  1. QUALI SONO ATTUALMENTE I LIMITI TECNOLOGICI  (E NON SOLO) DI STRUMENTI COME I CHATBOT? 

Ci sono tutt’oggi, e non solo in Italia, parecchi fraintendimenti sulle reali possibilità di quello che oggi troppi definiscono “intelligenza artificiale”. Molti tendono ad associare i chatbots ad applicazioni di intelligenza artificiale, creando nell’utente l’aspettativa di un sistema che sia intelligente esattamente come un essere umano solo perché parla in linguaggio naturale. Questo fraintendimento è un fattore critico perché oggi non c’è una tecnologia consolidata di intelligenza artificiale, ed illudere l’utente di una applicazione chatbot che questa sia in grado di capirlo in modo “intelligente” come un umano, potrebbe creare paradossalmente un effetto di rigetto del mezzo.

robot vs human

Inoltre non è vero che un chatbot deve emulare per forza un’intelligenza umana. Ci sono innumerevoli scenari business nei quali il chatbot serve per completare semplici transazioni, per esempio le applicazioni conversazionali di pagamento, di e-commerce, di prenotazione servizi; in questi contesti i chatbots permettono di fare azioni che oggi facciamo con le applicazioni web o le mobile app. Sono quindi piuttosto d’accordo con Ted Livingston, CEO della piattaforma di messaggistica canadese Kik, quando dice, in riferimento al futuro dei chatbots: “il punto non è l’intelligenza”.

[bctt tweet=” “il punto non è l’intelligenza artificiale” Ted Livingstone” username=”goresponsa”]

Il malinteso è dovuto poi al fatto di considerare i chatbots come fossero degli assistenti virtuali con le stesse capacità di un umano, ossia sistemi intelligenti che possono consigliarci e capirci su tutto. Il successo dei sistemi assistants ubiqui non è affatto scontato, si pensi ad esempio che l’applicazione Google Allo non ha riscosso il successo di pubblico immaginato ed anzi ha fatto avanzare molte perplessità rispetto alla privacy sui dati; infatti il sistema legge ed interpreta le nostre conversazioni private, suggerendoci/proponendoci risposte pronte all’uso. Ma non ci sono certezze sul fatto che i virtual assistants siano davvero le chatbot killer applications dei prossimi anni. Personalmente sono sostenitore degli sms-bots, ovvero applicazioni chatbots molto semplici e veloci, senza pretese di intelligenza artificiale, ma che risolvono semplici problemi business, per esempio le transazioni di pagamento, commerciali o contrattuali.

  1. E QUINDI COSA CI ASPETTERÀ IN QUESTO 2017? QUALI COSE INTERESSANTI PREVEDI?  

Constato il sempre maggiore successo dei sistemi ad interfaccia vocale; fra tutti emerge Amazon Echo, il dispositivo vocale per la casa ancora non disponibile in lingua italiana ma che probabilmente arriverà nel nostro paese entro la fine dell’anno.

In “concorrenza” alla tecnologia Amazon Alexa (e Lex) e all’enorme potenza commerciale del colosso, si sta muovendo anche Google con il dispositivo Google Home, molto simile nelle funzionalità al prodotto Amazon Echo. Probabilmente nuovi (e inaspettati) player nasceranno nell’ambito dei chatbot vocali e multimediali. Lato business/corporate Microsoft, che da tempi non sospetti sta investendo molto in ricerca e sviluppo sui sistemi conversazionali (Tay, Xiaoice, etc.), potrebbe muoversi d’anticipo sul versante dei video-bots; Skype-chatbots utilizzando forse non solo testo e voce ma anche le funzionalità video.

TYPE OF CHATBOT

Nell’ambito dei chatbots attraverso messaggistica istantanea, a mio avviso c’è da aspettarsi novità eclatanti da Facebook in particolare, che potrebbe puntare molto su nuove funzionalità di Messenger. In Italia rimane però Whatsapp l’applicazione di messaggistica più usata. Se, come suggeriscono rumors, verrà rilasciata una piattaforma di sviluppo chatbots anche su Whatsapp (forse in primavera, in occasione dell’evento Facebook Developer Conference 2017), allora e solo allora in Italia scoppierà davvero la “chatbots economy”.     

  1. QUALI SONO I SETTORI CHE SECONDO TE SONO PIÙ INTERESSATI DA UNO SVILUPPO TECH E PERCHÉ?

Nell’ambito delle applicazioni di “intelligenza artificiale” e semplicemente chatbots, oltre ai settori che già ora sono promettenti, come per esempio l’automazione del customer care e l’e-commerce, il banking, ci saranno (e questa è anche una speranza), nuovi ambiti applicativi  no-profit, come i software educativi e di e-learning, i servizi pubblici ai cittadini  e ultime ma non ultime le applicazioni ludiche e creative, l’interactive fiction; noi chatbots-nerd e romantici umanisti sogniamo ancora text-adventure games!

Dal punto di vista business, la chatbot killer application del 2017 ed il fattore abilitante alla bot-economy pervasiva è, secondo me, un sistema di pagamento digitale su chat, semplicissimo e senza commissioni, sul modello della cinese WeChat, auspicabilmente supportato dalle nostre banche. Personalmente sto lavorando ad un progetto in questa direzione.

Un pochino più nel lungo termine, dal punto di vista delle architetture computazionali, prevedo anche alcune possibili innovazioni paradigmatiche nelle Application Programming InterfacesE qui azzardo una previsione controtendenza: oggi è il cloud computing che sembra essere il modello pervasivo della “digitalizzazione” e le applicazioni aziendali sono spesso progettate per “girare” in produzione su server centrali residenti su data center remoti.

Questo modello client-server, proprio nell’ambito di applicazioni di intelligenza artificiale e “big data”, probabilmente rimarrà valido per molti anni, ma io penso che ci sarà una rapida evoluzione verso modelli di distributed computing: un numero sempre maggiore di dispositivi HW e agenti SW (intelligenti) parleranno tra loro: sensori, attuatori, chatbots autonomi su automobili, elettrodomestici e ogni altro dispositivo IoT; comunicando su Internet, d’accordo, ma a “tempo parziale”, in un mix di on-line ed off-line, con capacità di elaborazione autonoma (senza necessaria connettività a cloud server). L’intelligenza artificiale sarà quindi distribuita e azzardo addirittura l’ipotesi che i chatbots-computers si parleranno tra loro e parleranno con noi umani allo stesso modo, e cioè in linguaggio naturale (bot2bot NL-API).

  1. COME PENSI CHE CAMBIERÀ IL RAPPORTO TRA UTENTE ED AZIENDA GRAZIE ALL’AI?  

Le applicazioni di intelligenza artificiale cresceranno velocemente e ci sarà una fase iniziale destabilizzante. Penso che realmente molte applicazioni toglieranno lavoro e ci sono già dei casi concreti: si pensi al successo di x.ai, un sistema che “sostituisce” il lavoro che normalmente fa un segretario umano nella prenotazione di appuntamenti e meeting.

Il customer-care ed i servizi di assistenza e vendita consumer (nel caso del business aziendale) e di relazione e servizi ai i cittadini (nell’ambito dell’amministrazione pubblica), sono un ambito in cui l’intelligenza artificiale sarà sempre più usata; per esempio i chatbots potrebbero sostituire con successo nei prossimi anni l’help-desk di primo livello, processando comandi dispositivi, come la comprensione della segnalazione di un guasto (ed il  tracciamento dello stato del trouble-shooting), il cambiamento di un piano tariffario, la richiesta di un preventivo, etc. Immagino poi scenari detti human-in-the-loop dove gli operatori umani interverranno “su richiesta” del chatbot, lavorando in quello che oggi chiameremmo il supporto di secondo o terzo livello.

ROBOT WORK WITH HUMAN

Dal punto di vista dell’utente, l’azienda sarà allora “misurata” anche rispetto alla capacità di risoluzione veloce di problemi pratici (con i chatbots). Sistemi conversazionali intelligenti potranno allora instaurare un rapporto uno-a-uno con l’utente, mediante l’apprendimento delle esigenze personali dello specifico cliente. Ma per molto tempo saranno ancora operatori umani specializzati (bot designers) ad effettuare la programmazione dei chatbots e la supervisione del machine learning. L’assistenza di operatori umani ai clienti interverrà solo in casi complessi quando le macchine faranno “escalation” agli operatori (“vedetevela tra umani” )!

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